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Contratto Sanità Privata, ULS: “I cittadini pagano due volte e la politica fa finta di niente”

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By uls on 15 Settembre 2020 Area Stampa, News
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Se c’era qualcosa di cui far tesoro dalla pandemia da Covid-19 è l’importanza della Sanità pubblica la quale rimane ancora impegnata a garantire il diritto di Salute a tutti i cittadini in questa fase di riapertura. Non meno importante, anche se con servizi e prestazioni diversificate volte più che altro alla massimizzazione del guadagno, riveste un ruolo rilevante la Sanità privata accreditata che eroga assistenza al pari del pubblico, sia per mezzo di soggetti senza scopo di lucro sia ai fini commerciali, come venne emanato dal D.Lgs 229/99. Proprio questi soggetti privati che svolgono attività ai fini commerciali, quindi per fare profitto, non rinnovano il CCNL dei propri Lavoratori da quattordici anni – dichiarano dal Direttivo Nazionale ULS Unione Lavoratori Sanità Anna Rita Amato e Antonino Gentile.

Padroni e rispettivi fatturati milionari che vorrebbero rinnovare il CCNL solo a patto ricattatorioche lo Stato, per mezzo delle Regioni, metta soldi pubblici in centinaia di milioni di euro a copertura dei costi economici dell’operazione. Il comparto Sanità privata composto da Infermieri, Oss, Tsrm, Ausiliari, Fisioterapisti e altri che lavorano alla stregua dei colleghi del pubblico, grazie alla deriva privatistica senza regole permessa in questi anni, non si vede riconosciuti gli stessi diritti e le stesse retribuzioni, permettendo di fatto l’esistenza di Lavoratori di serie A e di serie B. Quindi – continuano ad osservare dal Direttivo Nazionale ULS -, per concorrere all’adeguamento dei salari, dimenticandosi di 14 anni di arretrati (dal 2006 al 2020), le associazioni datoriali Aris Aiop insieme a Cgil Cisl Uil hanno concordato di rivolgersi alle casse di denaro pubblico (tramite le Regioni) per garantire ai circa 100 mila Lavoratori una manciata di euro di aumento mensile. Si è anche pensato di ristorare il “disagio” di 14 anni di attesa con una somma di 1000 euro come “una tantum” che, grazie alla propaganda sindacale, si spaccia per risultato e nulla a pretendere. I Lavoratori del privato in buona sostanza, con rapporti assistenziali addirittura di 2 Infermieri per 40 pazienti, avranno come “ristoro” dei mesi lavorati disagiati in attesa del rinnovo la cospicua somma di circa 7 euro mensile. Di contro si è però dovuto cedere il passo alle deroghe sull’orario di riposo causa formazione, sul comporto della malattia e dell’infortunio, sulla durata della prestazione lavorativa e sulle ore di permessi straordinari retribuiti, oltre l’innumerevole quantità di regole redatte in maniera interpretabile a favore del datore di lavoro. D’altronde oramai non c’è motivo di nascondere il rapporto esistente tra parti sociali e padroni sul concordare gioiose nascite di enti bilaterali, welfare aziendale, comitati e servizi che da tempo infarciscono la compianta lotta sindacale senza compromessi.

Come ben noto il fabbisogno sanitario nazionale standard è finanziato annualmente dalla fiscalità generale delle Regioni, vale a dire principalmente dall ‘IRAP e dall’addizionale regionale all’ IRPEF, dall’entrate proprie degli enti del SSN (come i ticket e i ricavi derivanti dall’attività intramoenia dei propri dipendenti). Il fabbisogno non coperto da tali fonti di finanziamento è pertanto posto a carico dello Stato, che provvede attraverso la compartecipazione regionale all’ IVA e il Fondo Sanitario Nazionale. Gli utili prodotti dai datori di lavoro privati, purtroppo, non ci risultano essere divisi con le casse pubbliche ma finiscono nei conti bancari di soggetti imprenditoriali. Pertanto vorremmo rivolgerci al Governo, al Ministro della Salute e alle Regioni sollevando – concludono Amato e Gentile – un’osservazione, al netto del sacrosanto diritto dei Lavoratori della Sanità privata di avere rinnovato il CCNL, sull’opportunità di far pagare due volte i costi del SSN ai cittadini che, rivolgendosi al privato accreditato, con le proprie tasse ne stanno pagando, oltre che il servizio sanitario offerto e ricompreso nel sistema dei DRG/Budget, anche quella parte economica che dovrebbe permettere l’adeguamento salariale contrattuale dei Lavoratori permettendo invece ai datori di lavoro un operazione a costo zero.

E il fatturato si impenna, direbbe qualcuno.

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